Dicono di noi
Quello che la stampa internazionale racconta del nostro albergo
Un hotel “monastico” vicino Napoli
A Napoli succede tutto e subito. Vespe che sfrecciano, lombate di manzo ben in vista nelle macellerie, piante e panni appesi ad asciugare ai balconi, nei forni il pane è sempre caldo e le edicole votive sono costantemente ornate di fiori finti. È una città mistica in cui tutta la vita si svolge all'esterno.
Jean-Paul Sartre una volta disse del popolo napoletano: «Immagino che al giorno d'oggi sotto questo austero regime fascista si nascondano quando fanno l'amore. Ma 20 anni fa, probabilmente, lo hanno fatto sul gradino della porta d'ingresso, o forse nei loro grandi letti con le porte spalancate».
Napoli non nasconde sicuramente le sue emozioni, ma ha un segreto ben custodito. A un'ora di traghetto si trova il Castello Aragonese d'Ischia, un maniero costruito nel V secolo a.C. all'interno del quale si trova l'Albergo Il Monastero, un hotel "monastico". Situato su un isolotto, il castello è un intrigante palinsesto di storia.
Dopo una serie di invasioni, incursioni, battaglie e assedi, il castello è stato una cittadella, un salotto letterario con Vittoria Colonna, un convento, una prigione politica e una cappella votiva; nel 1860 è divenuto un monumento nazionale. Nel 1912 venne venduto a una famiglia che, da allora, se ne prende cura sia come un tradizionale patrimonio culturale che come punto d'incontro per l'arte contemporanea. Oggi l'hotel conserva con venerazione il suo passato grande e complesso.
L’Albergo Il Monastero si distingue per i suoi interni moderni e minimalisti e per la magnifica facciata antica, ed è circondato dal mare che si sposa perfettamente col cielo. All'interno, è possibile passeggiare tra le sue rovine, visitare il museo di armi medievali, un vecchio cimitero e una galleria d'arte. Un orto biologico si affaccia sull'oceano.
Il menu della Caffetteria è caratterizzato da pesce appena pescato, verdure colte nell'orto e altri prodotti a “chilometri zero” come i polli ruspanti. In contrasto con Napoli, qui non succede quasi nulla. Il passato è una goccia nell'oceano e l'oceano diventa sempre più grande.
di Himali Singh Soin, Vogue India, Febbraio 2019
Scarica il PDFLa mia brillante Ferrante
... arrivando ad Ischia per visitare i luoghi della Ferrante, sicuramente rimarrai per le sue terme, le rovine sommerse e ristoranti di livello internazionale. Inoltre, una volta lì, non puoi andartene senza visitare Castello Aragonese d'Ischia, un castello medievale del XV secolo sulla sua isola privata e trasformato in uno splendido hotel.
Albergo il Monastero, Ischia
Sulla sua isola privata, con panorami che si addicono a una fortezza sulla cima di una scogliera, questo hotel ricavato da un convento del XVI secolo è bello ma semplice, con la storia in agguato dietro ogni angolo e anfratto. Fai colazione (un delizioso buffet) sulla terrazza mentre osservi le barche alla rada cento metri più giù.
High Life - British Airways magazine, Novembre 2018
Scarica il PDFMichelangelo Iacono, la cucina del Monastero al Castello Aragonese d’Ischia
Un paradiso nel paradiso, se già Ischia è bellissima, l'isola minore e altrettanto bella se non di più della maggiore, ricca di fascino e di mistero. Il nome deriva dalla dinastia che più delle altre ha impresso all'isolotto la sua fisionomia: Alfonso V d'Aragona trasformò nel quindicesimo secolo il preesistente maschio angioino e costruì le poderose mura difensive. Arrivare al castello tramite quel sottile ponte di duecentoventi metri che lega le due isole, è veramente suggestivo. Non è affatto piccola l'isola, figurarsi che nel Settecento sono arrivate a viverci milleduecento famiglie.
All'albergo si sale con l'ascensore scavato nella roccia, quando si arriva si rimane senza fiato. Vedere Ischia dall'alto, da almeno ottanta metri, è qualcosa di meraviglioso. Uno dei proprietari, l'architetto Nicola Mattera ci guida nella storia e nelle bellezze del Castello: "Mio nonno era un noto avvocato ischitano che comprò nel 1912 l'isola, con un atto di coraggio, indebitandosi fino al collo. L'isolotto era ridotto a un ammasso di rovine, non c'erano tetti, non c'erano finestre. Sono stati mio padre e mio zio che in cinquant'anni hanno fatto i lavori di restauro finanziandoli con gli introiti delle visite. Siamo privati a tutti gli effetti e quindi non ci arrivano finanziamenti dallo Stato. Il Castello è monumento nazionale, le nostre attività sono controllate dal ministero tramite la Sovrintendenza, ma non c'è un'attività collaborativa senza la quale rischiamo di dover mfare un passo indietro e dopo tre generazioni sarebbe veramente amaro".
Con Michelangelo abbiamo pensato alla ristorazione, con l'intento di portare nei piatti una proposta ispirata alla semplicità e alla tradizione", conclude Mattera. Iniziamo la nostra chiacchierata con Michelangelo in uno dei luoghi del Castello più importanti per il ristorante. Infatti siamo nell'orto, al centro dell'isola, che ha sempre avuto questa funzione sin dai tempi del convento delle monache clarisse. "Tutte le erbe aromatiche che trovate nei miei piatti provengono dal nostro orto. Ora c'è un po' di tutto, melanzane, zucchine, pomodori". È un orto-giardino, in realtà, dove si organizzano anche ricevimenti, bouganville meravigliose con tronchi secolari, piante grasse e prati verdi si alternano alle vigne e alle coltivazioni di vegetali. Il vigneto porta la firma D'Ambra, il pioniere della viticoltura di Ischia, da queste vigne si producono circa seicento bottiglie di Biancolella. Il contadino ha ottanta anni e tanto entusiasmo e ha anche un figlio importante nel mondo della ristorazione, si tratta di Emanuele Mazzella, bravissimo chef di cui abbiamo parlato nel numero 167 di "Cucina & Vini", in certe famiglie, dove si pesca, si pesca bene!
"Usiamo la cenere come concime, facciamo il compost. Il microclima ci permette di usare pochi pesticidi, specialmente per l'uva, perché abbiamo insetti che combattono per noi, il nostro contadino usa dei composti di aglio, ortica e peperoncini per combattere i parassiti", spiega Michelangelo. Bellissimi gli alberi da frutto, per prodotti a kilometro "meno di zero". "Io sono qui da dieci anni - racconta Michelangelo -, prima c'era solo l'albergo e la mezza pensione poi, ci siamo lanciati nella ristorazione anche per esterni con un bel riscontro. In questo periodo soffriamo un po' perché abbiamo tanti clienti inglesi e francesi che quest'anno non arriveranno, persone che vengono per meditare, per corsi di yoga".
Michelangelo è un ischitano doc, viene da Serrara Fontana che è la parte alta dell'isola, quella del monte Epomeo. Un tempo veniva chiamata "marecoppe", mare di sopra, mentre con "marevascio" si intendeva il mare di sotto, per questo ha dato questi nomi ai menu. "L'incontro tra le due zone dell'isola dava origine al cala cala ovvero al baratto dei prodotti dei contadini contro quelli del pescato tramite le parracine che sono dei muretti a secco che separavano i paesi. Si calavano i cestini, i panari, dai muretti. Io sono chiamato il marecoppese, che un tempo era un dispregiativo perché si indicava la cultura che non si era evoluta grazie al turismo, ma io sono orgoglioso di questa definizione".
Michelangelo ha studiato all'alberghiero ma si è diplomato in portineria, la sua ambizione iniziale era quella di fare il direttore d'albergo. "Solo che sono un tipo frenetico, non sapevo stare dietro a una scrivania, quindi andai a Londra per un'esperienza, in un albergo che inseguiva il sogno della stella Michelin. Entrai in cucina e in sostanza non ne sono più uscito". Non ha uno chef di riferimento Michelangelo è un autodidatta. "Ho sempre fatto corsi di aggiornamento, da soli ci vuole più tempo per crescere, ma non si è condizionati. L'essenza della mia cucina sta nella materia prima, la mia missione è trasmettere la cultura della mia terra e dei suoi prodotti. Le ricette partono sempre dalla tradizione, un piatto che mi piace lo aggiorno con nuove tecniche, cercando di alleggerirlo senza perderne l'essenza. In cucina voglio esprimere quello che sono e con la proprietà della struttura abbiamo creato tutto insieme, con rispetto reciproco e tanto dialogo", conclude Michelangelo.
La cena
Una terrazza a picco sul mare, il tramonto, le luci di Ischia da ammirare, questo lo spettacolo dal ristorante La cucina del Monastero. È una cucina che colpisce per schiettezza e linearità, radicata nell'orto, vero protagonista di ogni piatto. Una mano delicata quella di Michelangelo che abbina sapori tipici dell'isola con grande gusto. Buonissimo il crudo e cotto di verdure con mosto cotto di Biancolella Castello e l'uovo ischitano bio "a zuppetella", cotto a bassa temperatura con pomodori, cipolla e basilico. Una gran bella esperienza!
di Alessandra Marzolini, Cucina & Vini nª 175, agosto - settembre 2020
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